È la mattina della terza giornata a Istanbul, la vivacità di questa città si respira nell'aria.
A pochi giorni dalla grande manifestazione del Primo Maggio aumenta l'attesa e la speranza degli attivisti locali per una buona riuscita di quella che sembra sarà una giornata di forte tensione ma anche di richiesta di libertà. Gli incontri odierni ci hanno dato infatti la possibilità di ampliare il quadro complessivo di una realtà sfaccettata e multiforme come quella turca.
In mattinata incontriamo Huluzi Zaibel di IHD (Associazione per i Diritti Umani), prima associazione ad essere stata fondata dopo il colpo di stato del 1980 con cui sono state messe al bando le organizzazioni civili. IHD nasce infatti nel 1986 proprio per sostenere e difendere gli oppositori politici: da allora si occupa di diritti e tutela delle delle minoranze (religiose e nazionali includendo progressivamente migranti e rifugiati), di discriminazione di genere e di libertà civili.
L'associazione ha avuto un ruolo attivo durante le giornate di Gezi, tenendo le porte aperte ai manifestanti e assistendoli durante gli scontri e i raid della polizia, denunciando e documentando le violenze delle forze dell'ordine.
Anche durante la manifestazione del prossimo primo maggio i volontari di IHD saranno presenti nelle strade con la casacca dell'associazione per dare visibilità alla loro azione di difesa del diritto di manifestare, anche tramite riprese video. Un diritto inesistente, conferma Zaibel, dal momento che il partito dell'AKP non tollera alcuna critica né espressione di dissenso alle proprie politiche, attaccando anche gli operatori per i diritti umani accusati di essere eversivi.
Ma non è solo con la repressione e la paura che l'AKP afferma il suo dominio: Zaibel ci spiega che sono particolarmente allarmanti anche i continui provvedimenti normativi che mirano a condizionare pensiero e stili di vita attraverso i programmi scolastici o l'imposizione di norme di comportamento (forti inviti per le donne a non fumare, a non bere alcool, ad avere famiglie numerose, a non indossare abiti scollati). È proprio questo che spiega perché sono state le donne e i giovani a ribellarsi e a partecipare maggiormente alle mobilitazioni passate.